Se un credente continua a combattere con il peccato dopo che ha creduto e ha confessato a Dio i suoi falli e trasgressioni, ha chiesto liberazione dalle catene del peccato, può dirsi che egli o ella non hanno partecipato alla salvezza?
La risposta che possiamo fornirvi alla luce della Parola di Dio è no!
La battaglia contro il peccato è l'esperienza comune che i cristiani di qualunque estrazione fanno quotidianamente. Giacomo 3:2 afferma che noi traballiamo in molti modi. E, questa esperienza di non essere saldi è proprio legata al peccato che abita ancora in noi, alla nostra natura carnale che del continuo ci fa desiderare le cose e i richiami che sono presenti nel mondo. Non è un gran segreto che Spirito e Carne sono in eterna lotta fra di loro, (Galati 5:17) e che questa guerra è dentro ogni credente, (Romani 7:23). Il Mondo che ci circonda continua a chiamare come una sirena affascinante questi poveri marinai nel loro tragitto versoio porto. E, in guerra si provocano ferite come se ne ricevono. La sostanziale differenza è che il comando del Signore ci impone di mettere a morte le opere della carne, (Romani 8:13). Ma la nostra natura peccaminosa si allontanerà da noi soltanto nella nostra Redenzione. Il demonio è intorno a noi come un leone ruggente per vedere chi Egli possa divorare, (I Pietro 5:8). Lo stesso Apostolo Paolo, campione della fede, poté scrivere che:
Romani 7:15 - 15 Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto. 16 Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona; 17 quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me.
La natura peccaminosa umana continuamente si distoglie dalla santità di Dio, cosa diversa è per quell'unico uomo, Gesù Cristo, nel quale il peccato non è abitato e che poté scrivere invece:
Giovanni 8:29 - E colui che mi ha mandato è con me; egli non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli piacciono.
L'apostolo Paolo definitivamente, continuando nel suo discorso in Romani 7, ci dichiara che in ogni uomo nel Signore vi è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo, (Romani 7:18), Egli sente la necessità di non fare il male, ma alla fine lo compie, (Romani 7:21). La nostra mossa verso il bene parte da una nostra decisione intima, (Romani 7:22). Ma, non appena questa decisione "passa" per le membra del corpo, quest'ultimo comincia a innescare una legge di tipo diversa, che lascia Paolo "nella disperazione" quando esclama:
Romani 7:24 - Misero me, chi mi tirerà fuori da questo corpo votato alla morte?
Il punto cruciale dunque è quello non di aderire deliberatamente al peccato, ma di combatterlo mettendo la nostra buona volontà a distruggere le opere della carne in noi. Ma questa impresa, ancorché essere semplice, incontrerà resistenze e ci farà combattere. Nel nostro intimo, nel momento in cui deliberiamo il bene, e cominciamo questa battaglia, comincia ad essere evidente che siamo allora Figli di Dio. Se, al contrario, assumiamo un atteggiamento di deliberato approccio al peccato senza combattere e senza sentire il peso dello stesso, allora siamo davvero in brutte acque, ed è meglio cambiare rotta.